Io credo che l’Arte sia la
più alta forma di comunicazione dell’essere umano.
Io credo che il ruolo più
nobile dell’artista sia quello di faro della società, essendo in grado di
riportarci al nostro passato e rinsaldare le nostre radici; farci comprendere profondamente
la nostra società ed essere specchio dei nostri tempi; a volte, di precorrere gli
eventi e farsi veggente.
Io credo fermamente che
l’Arte debba incidere sulle nostre esistenze, andando oltre il valore estetico
e culturale.
L’Arte racconta dell’identità
individuale e collettiva e serve più che mai nei periodi di crisi come il
nostro. Serve se ha spessore e non è semplice esercizio di stile.
Come curatrice, i miei progetti
devono innanzitutto intervenire su di me, mettendomi in discussione, e spero
che questo accada anche agli artisti partecipanti e al pubblico che vorrei
riflettesse su quanto visto e uscisse dalla visita di una mostra arricchito non
solo per la bellezza e la qualità delle opere esposte, ma con molte domande da
porsi.
Personalmente, scelgo di
lavorare solo con artisti che hanno qualcosa da dire e che non si piegano a
un’arte decorativa da abbinare con l’arredo casalingo. E di questi artisti in
Italia ce ne sono, molti di più di quanto si pensi, solo che spesso vengono
tenuti in disparte e il loro messaggio non arriva. E anche di curatori. Di
galleristi, molti meno.
Quando con l’artista Roberto
Messina ho fondato neRo POP, ho voluto dare al gruppo una veste profondamente
contemporanea, attenta alle problematiche dei nostri tempi e che fosse vicino
alla gente. È noto che il nostro scopo è quello di confrontarci con i temi
caldi dell’attualità e con le altre espressioni artistiche, scrittura e musica,
che fungono da stimolo per un’indagine approfondita sull’uomo e sulla società, affrontandone
senza timore i lati oscuri. Ed è così che al primo appuntamento, la collettiva Into the Darkness a Berlino (per chi
volesse verificare, questo è il link dove scaricare gratuitamente il catalogo: http://neropop.weebly.com/download.html)
ha subito affrontato temi spinosi: la depressione, il suicidio, in particolare quello
dovuto alla crisi economica; le stragi di famiglia, dove padri uccidono i figli
e le compagne, perché non riescono ad accettare la fine di un rapporto o perché
non si vogliono conformare al ruolo che gli hanno imposto. Purtroppo le vittime
di violenza sono soprattutto donne e bambini con un trend preoccupante. Grande
rilievo è stato dato al lato oscuro della società che tende ad annullare
l’identità personale a favore di una globalizzazione a 360 gradi: il consumismo
compulsivo che cerca di imporci; i ruoli da rivestire e le regole per essere
accettati; i canoni estetici a cui corrispondere anche a scapito della salute
(disturbi alimentari e smodato ricorso alla chirurgia estetica). Ma si è dato
spazio anche al pericolo di affidare al virtuale la nostra vera esistenza e di
fidarsi troppo delle identità presenti nelle chat o nei social network, alcune
delle quali create per commettere crimini. Si è poi voluto allertare le persone
nei confronti di chi si pone a guida del popolo a vario titolo (religioso,
politico, ecc.), ma con le intenzioni sbagliate. Tutto con la leggerezza del
Neo Pop che si propone come fiaba per adulti e, in modo analogo a quella per
infanzia, vuole essere d’aiuto all’uomo focalizzando l’attenzione su ciò che
merita un maggiore approfondimento, superando le paure. Gli artisti con cui
lavoro non fanno provocazione fine a se stessa, o per fare leva sulla morbosità
del pubblico con l’obiettivo di aumentare la loro visibilità e, magari, il valore
delle opere sul mercato. Noi abbiamo fatto questa scelta, ma ci sono tanti
altri argomenti di cui si può parlare. L’importante è avere qualcosa da dire e
nell’Arte di oggi questo non è scontato.
Credo anche nell’Arte affiancata da una certa etica, dove si prevede per esempio il rispetto per il pubblico,
che non va preso in giro e mai tradito. Altrimenti, finisce per non credere più
all’artista che ne perde la fiducia e viene privato del suo ruolo.
Sabato, sono stata a Torino per Artissima e ci sono andata ancora con l'ingenua speranza di trovare qualcosa
che mi stupisse e mi emozionasse.
Invece, ho provato prima
perplessità, poi sono passata alla tristezza e per finire a un senso di
imbarazzo nei confronti del pubblico.
Ma quanto ciarpame privo di senso spacciato per Arte!
Immondizia presa direttamente dalla discarica e depositata dentro agli stand, in nome dell’arte fatta con materiali di riciclo. Nobilissima, ma c’è modo e modo… Allora basta davvero prendere quattro rebbi di forchetta e attaccarli a un metro avvolgibile per fare un’opera d’arte? O esporre su un dozzinale vassoio di metallo un ammasso di denti umani? E dire che da tempo immemore cabarè pieni di denti vengono esposti in Piazza Jemaa el Fna a Marrakech. Forse quei venditori non sanno di essere degli artisti.
Ma quanto ciarpame privo di senso spacciato per Arte!
Immondizia presa direttamente dalla discarica e depositata dentro agli stand, in nome dell’arte fatta con materiali di riciclo. Nobilissima, ma c’è modo e modo… Allora basta davvero prendere quattro rebbi di forchetta e attaccarli a un metro avvolgibile per fare un’opera d’arte? O esporre su un dozzinale vassoio di metallo un ammasso di denti umani? E dire che da tempo immemore cabarè pieni di denti vengono esposti in Piazza Jemaa el Fna a Marrakech. Forse quei venditori non sanno di essere degli artisti.
Ma che dire degli animali morti buttati a terra, come le
numerose cocorite distribuite lungo i muri di uno stand vuoto o la bellissima
civetta delle nevi deposta su un basso ripiano che camminando per la corsia si
poteva anche urtare, calpestandola. Oltre alla pena per quei poveri resti, c’è
il disgusto per chi con cinismo non ha rispetto di nulla e di nessuno, volto
solo a provocare, in nome della ricerca spasmodica della notorietà. Riprendendo
il famoso dialogo al telefono di Moretti: “Mi si noterà di più se faccio una
vera installazione o se sconvolgo tutti mettendo degli animali morti?”.
A parte i deliri degli pseudo-artisti, ancora peggio sono i
galleristi che danno loro credito. E poi, pensano davvero di fare qualcosa di
eclatante? È solo squallido e chi si occupa davvero di Arte ne aveva già
abbastanza anni fa alla comparsa dei bambini impiccati di Cattelan!
Certo è che gli pseudo-artisti si prestano a essere
agevolmente manovrati da quel genere di galleristi che potrebbero vendere allo
stesso modo auto usate, prosciutti e prodotti ortofrutticoli. Sono quelli che
tollerano poco gli artisti di spessore, ricchi di personalità, che dedicano
tempo a seguire vie sempre nuove. Con loro si scontrano e li accusano di fare
troppa “sperimentazione”, come se fosse un insulto. Mentre con chi non ha nulla
da dire è facile: “Abbiamo appena venduto un pezzo di latta con un buco in
mezzo a un russo! Fammene altri venti uguali entro domani che li vendiamo anche
ai suoi amici!”. E lo pseudo-artista ubbidiente si mette a prepararli. Tanto
che ci vuole? Poi, si dice che per essere artista “basta l’idea”. Ma quale
idea? Qui non ci sono idee! O se ne inventano di banali sul momento; oppure,
sono tanto astruse che non ne capisci il collegamento con la miseria che ti
trovi davanti. Tutto per rimarcare con snobismo la loro distanza con la folla
plebea troppo ignorante per capire. Vorrei tranquillizzare tutte le persone che
ho visto soffermarsi perplesse agli stand della fiera: non vi preoccupate, non
c’è nulla da capire.
L’Arte è di tutti ma non tutti possono essere artisti. Non si
capisce perché fare l’artista debba essere l’unico mestiere al mondo per cui
non occorra talento, studio e professionalità. Come la pittura presente ad
Artissima, che sta lentamente prendendo più spazio, ma non si sa se
compiacersene. Ho visto esposte delle
tele che neanche “i pittori della domenica” realizzerebbero.
Non si può pensare che basti infilare dentro alla fiera una
sezione dedicata agli artisti storicizzati per elevare alla gloria degli altari
l’immondizia contemporanea proposta con tanta supponenza.
Poi, ci sono quelle gallerie che portano sempre i soliti
artisti, bravi per la carità, ma che fanno sempre le stesse cose. Restano
fermi, perché quello si vende ed è un rischio proporre qualcosa di diverso.
Sono diventati copisti di se stessi.
Dov’è finita la magia che si crea quando l’opera posta
davanti al pubblico parla ad ogni spettatore con parole e lingue diverse, a
seconda delle origini, del vissuto, dell’età, della cultura?
Invece, si gira in mezzo a cumuli di oggetti muti, privi di
vita. È un cimitero, dove ogni tanto si scorge con fatica qualche opera ancora
viva, come quelle di Rania Bellou, artista greca che vive a Londra, presentata dalle
Kalfayan Galleries. E a proposito delle gallerie straniere, è lecito
chiedersi se sono davvero il meglio che offre il mercato estero.
Quali sono i criteri di scelta? E quali giochi di potere e
giri di denaro ci sono dietro?
Se quella esposta è l’arte del futuro, allora non esiste
futuro. Siamo di fronte a un animale in agonia che preannuncia una fine
prossima.
Ma io non lo credo e non lo credono neanche i tanti artisti e
curatori incontrati con cui mi sono confrontata o che mi hanno scritto in
privato, rattristati quanto me. Anche se non è la prima volta che vediamo cose
simili nelle fiere, nelle gallerie e ai premi che spuntano come funghi, perché
con la crisi almeno si raccimola qualcosa con le iscrizioni, a spese di
appassionati del pennello, ma anche di chi è un artista serio, troppo serio per
essere preso in considerazione in quello che è stato definito il sistema
mafioso dell’Arte Contemporanea. Già, non sembra vero, ma è bastato coniare
questa terminologia per dare vita alla “Grande Truffa”. Così la definisce un
interessante post di un altro blog, che desidero segnalare (http://www3.varesenews.it/blog/labottegadelpittore/?p=10000).
Lì troverete che a protestare sono finalmente tanti
autorevoli operatori dell’arte: Rudolf Arnheim, storico dell’arte e psicologo; Jean Clair, storico dell’arte,
curatore e membro dell’Académie Française; David Hockney, artista; Richard
Sennet, sociologo e scrittore; Julian Spalding, ex direttore dei musei di Glasgow, Manchester e
Sheffield; Roy Strong, gallerista, ex direttore del Victoria & Albert
Museum e della National Portrait Gallery di Londra.
Marc
Fumaroli, storico saggista e anch’egli membro dell’Académie Française, rivela: “Oggi, il mercato è dominato dal cinismo e dalla
speculazione di collezionisti miliardari, i quali riconoscono come opere d’arte
solamente un certo numero di oggetti – o meglio di non oggetti – che
rappresentano l’antitesi di tutto quello che abbiamo considerato arte fin dalle
origini dell’umanità. Tutto il resto viene ignorato”.
Ad Artissima, stavolta si è passato il segno. E mi dispiace,
perché è un’occasione mancata di farne la fiera più sperimentale d’Europa.
Oltretutto, ha il pregio di trovarsi a Torino, una città che amo, capoluogo
della mia regione d’origine e che ritengo sia oggi la capitale della cultura in
Italia. Dalle Olimpiadi invernali in poi, vive un vero Rinascimento. Forse è
anche per questo che stride ancora di più il contrasto tra l’effervescente e
innovativa Torino e Artissima con il suo vuoto cosmico di contenuti.
Infatti,
bastava farsi un giro nella “Notte bianca” per risollevare lo spirito
mortificato. Belle mostre e interessanti progetti. Uno fra tutti viadellafucina
A.I.R., programma di residenza per
artisti 2012, un progetto di Kaninchen-Haus (http://kaninchenhaus.org/progetti/viadellafucina/)
nell’ambito del bando Generazione Creativa della Compagnia di San Paolo da
un’idea di Brice Coniglio, con l’obiettivo di far cooperare artisti torinesi con
artisti stranieri per la realizzazione di progetti sull’area di Porta Palazzo,
coinvolgendo le varie realtà esistenti e i singoli abitanti. Il 9 novembre c’è
stata l’inaugurazione della mostra conclusiva del programma di residenza
sperimentale, a cura di Brice Coniglio e Nicoletta Daldanise, che ha avuto molto
successo; così come il party della serata successiva.
Per avere i risultati migliori, occorre tempo e fatica. Al venditore di denti che si spaccia per artista, voglio solo dire che per fare un’opera d’arte bisogna sudare un po’ di più.
Per avere i risultati migliori, occorre tempo e fatica. Al venditore di denti che si spaccia per artista, voglio solo dire che per fare un’opera d’arte bisogna sudare un po’ di più.
Kaninchen-Haus è un
esperimento di integrazione che avvicina il pubblico all’Arte, perché l’Arte
deve essere parte della vita delle persone, di tutte.
Spero che la crisi porti
qualcosa di buono: che faccia piazza pulita di questo sistema corrotto e di chi
ne fa parte, per portare finalmente in primo piano l’Arte con la A maiuscola che nel passato ha
reso celebre l’Italia nel mondo.
A.M. Soldini
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