martedì 13 novembre 2012

Dell’Arte, dell’Artista e di Artissima. Lettera aperta della curatrice di neRo POP


Io credo che l’Arte sia la più alta forma di comunicazione dell’essere umano.
Io credo che il ruolo più nobile dell’artista sia quello di faro della società, essendo in grado di riportarci al nostro passato e rinsaldare le nostre radici; farci comprendere profondamente la nostra società ed essere specchio dei nostri tempi; a volte, di precorrere gli eventi e farsi veggente.
Io credo fermamente che l’Arte debba incidere sulle nostre esistenze, andando oltre il valore estetico e culturale.
L’Arte racconta dell’identità individuale e collettiva e serve più che mai nei periodi di crisi come il nostro. Serve se ha spessore e non è semplice esercizio di stile.
Come curatrice, i miei progetti devono innanzitutto intervenire su di me, mettendomi in discussione, e spero che questo accada anche agli artisti partecipanti e al pubblico che vorrei riflettesse su quanto visto e uscisse dalla visita di una mostra arricchito non solo per la bellezza e la qualità delle opere esposte, ma con molte domande da porsi.
Personalmente, scelgo di lavorare solo con artisti che hanno qualcosa da dire e che non si piegano a un’arte decorativa da abbinare con l’arredo casalingo. E di questi artisti in Italia ce ne sono, molti di più di quanto si pensi, solo che spesso vengono tenuti in disparte e il loro messaggio non arriva. E anche di curatori. Di galleristi, molti meno.
Quando con l’artista Roberto Messina ho fondato neRo POP, ho voluto dare al gruppo una veste profondamente contemporanea, attenta alle problematiche dei nostri tempi e che fosse vicino alla gente. È noto che il nostro scopo è quello di confrontarci con i temi caldi dell’attualità e con le altre espressioni artistiche, scrittura e musica, che fungono da stimolo per un’indagine approfondita sull’uomo e sulla società, affrontandone senza timore i lati oscuri. Ed è così che al primo appuntamento, la collettiva Into the Darkness a Berlino (per chi volesse verificare, questo è il link dove scaricare gratuitamente il catalogo: http://neropop.weebly.com/download.html) ha subito affrontato temi spinosi: la depressione, il suicidio, in particolare quello dovuto alla crisi economica; le stragi di famiglia, dove padri uccidono i figli e le compagne, perché non riescono ad accettare la fine di un rapporto o perché non si vogliono conformare al ruolo che gli hanno imposto. Purtroppo le vittime di violenza sono soprattutto donne e bambini con un trend preoccupante. Grande rilievo è stato dato al lato oscuro della società che tende ad annullare l’identità personale a favore di una globalizzazione a 360 gradi: il consumismo compulsivo che cerca di imporci; i ruoli da rivestire e le regole per essere accettati; i canoni estetici a cui corrispondere anche a scapito della salute (disturbi alimentari e smodato ricorso alla chirurgia estetica). Ma si è dato spazio anche al pericolo di affidare al virtuale la nostra vera esistenza e di fidarsi troppo delle identità presenti nelle chat o nei social network, alcune delle quali create per commettere crimini. Si è poi voluto allertare le persone nei confronti di chi si pone a guida del popolo a vario titolo (religioso, politico, ecc.), ma con le intenzioni sbagliate. Tutto con la leggerezza del Neo Pop che si propone come fiaba per adulti e, in modo analogo a quella per infanzia, vuole essere d’aiuto all’uomo focalizzando l’attenzione su ciò che merita un maggiore approfondimento, superando le paure. Gli artisti con cui lavoro non fanno provocazione fine a se stessa, o per fare leva sulla morbosità del pubblico con l’obiettivo di aumentare la loro visibilità e, magari, il valore delle opere sul mercato. Noi abbiamo fatto questa scelta, ma ci sono tanti altri argomenti di cui si può parlare. L’importante è avere qualcosa da dire e nell’Arte di oggi questo non è scontato.
Credo anche nell’Arte affiancata da una certa etica, dove si prevede per esempio il rispetto per il pubblico, che non va preso in giro e mai tradito. Altrimenti, finisce per non credere più all’artista che ne perde la fiducia e viene privato del suo ruolo.
Sabato, sono stata a Torino per Artissima e ci sono andata ancora con l'ingenua speranza di trovare qualcosa che mi stupisse e mi emozionasse.
Invece, ho provato prima perplessità, poi sono passata alla tristezza e per finire a un senso di imbarazzo nei confronti del pubblico.
Ma quanto ciarpame privo di senso spacciato per Arte!
Immondizia presa direttamente dalla discarica e depositata dentro agli stand, in nome dell’arte fatta con materiali di riciclo. Nobilissima, ma c’è modo e modo… Allora basta davvero prendere quattro rebbi di forchetta e attaccarli a un metro avvolgibile per fare un’opera d’arte? O esporre su un dozzinale vassoio di metallo un ammasso di denti umani?
E dire che da tempo immemore cabarè pieni di denti vengono esposti in Piazza Jemaa el Fna a Marrakech. Forse quei venditori non sanno di essere degli artisti.
Ma che dire degli animali morti buttati a terra, come le numerose cocorite distribuite lungo i muri di uno stand vuoto o la bellissima civetta delle nevi deposta su un basso ripiano che camminando per la corsia si poteva anche urtare, calpestandola. Oltre alla pena per quei poveri resti, c’è il disgusto per chi con cinismo non ha rispetto di nulla e di nessuno, volto solo a provocare, in nome della ricerca spasmodica della notorietà. Riprendendo il famoso dialogo al telefono di Moretti: “Mi si noterà di più se faccio una vera installazione o se sconvolgo tutti mettendo degli animali morti?”.
A parte i deliri degli pseudo-artisti, ancora peggio sono i galleristi che danno loro credito. E poi, pensano davvero di fare qualcosa di eclatante? È solo squallido e chi si occupa davvero di Arte ne aveva già abbastanza anni fa alla comparsa dei bambini impiccati di Cattelan!
Certo è che gli pseudo-artisti si prestano a essere agevolmente manovrati da quel genere di galleristi che potrebbero vendere allo stesso modo auto usate, prosciutti e prodotti ortofrutticoli. Sono quelli che tollerano poco gli artisti di spessore, ricchi di personalità, che dedicano tempo a seguire vie sempre nuove. Con loro si scontrano e li accusano di fare troppa “sperimentazione”, come se fosse un insulto. Mentre con chi non ha nulla da dire è facile: “Abbiamo appena venduto un pezzo di latta con un buco in mezzo a un russo! Fammene altri venti uguali entro domani che li vendiamo anche ai suoi amici!”. E lo pseudo-artista ubbidiente si mette a prepararli. Tanto che ci vuole? Poi, si dice che per essere artista “basta l’idea”. Ma quale idea? Qui non ci sono idee! O se ne inventano di banali sul momento; oppure, sono tanto astruse che non ne capisci il collegamento con la miseria che ti trovi davanti. Tutto per rimarcare con snobismo la loro distanza con la folla plebea troppo ignorante per capire. Vorrei tranquillizzare tutte le persone che ho visto soffermarsi perplesse agli stand della fiera: non vi preoccupate, non c’è nulla da capire.
L’Arte è di tutti ma non tutti possono essere artisti. Non si capisce perché fare l’artista debba essere l’unico mestiere al mondo per cui non occorra talento, studio e professionalità. Come la pittura presente ad Artissima, che sta lentamente prendendo più spazio, ma non si sa se compiacersene. Ho visto esposte delle  tele che neanche “i pittori della domenica” realizzerebbero.
Non si può pensare che basti infilare dentro alla fiera una sezione dedicata agli artisti storicizzati per elevare alla gloria degli altari l’immondizia contemporanea proposta con tanta supponenza.
Poi, ci sono quelle gallerie che portano sempre i soliti artisti, bravi per la carità, ma che fanno sempre le stesse cose. Restano fermi, perché quello si vende ed è un rischio proporre qualcosa di diverso. Sono diventati copisti di se stessi.
Dov’è finita la magia che si crea quando l’opera posta davanti al pubblico parla ad ogni spettatore con parole e lingue diverse, a seconda delle origini, del vissuto, dell’età, della cultura?
Invece, si gira in mezzo a cumuli di oggetti muti, privi di vita. È un cimitero, dove ogni tanto si scorge con fatica qualche opera ancora viva, come quelle di Rania Bellou, artista greca che vive a Londra, presentata dalle Kalfayan Galleries. E a proposito delle gallerie straniere, è lecito chiedersi se sono davvero il meglio che offre il mercato estero.
Quali sono i criteri di scelta? E quali giochi di potere e giri di denaro ci sono dietro?
Se quella esposta è l’arte del futuro, allora non esiste futuro. Siamo di fronte a un animale in agonia che preannuncia una fine prossima.
Ma io non lo credo e non lo credono neanche i tanti artisti e curatori incontrati con cui mi sono confrontata o che mi hanno scritto in privato, rattristati quanto me. Anche se non è la prima volta che vediamo cose simili nelle fiere, nelle gallerie e ai premi che spuntano come funghi, perché con la crisi almeno si raccimola qualcosa con le iscrizioni, a spese di appassionati del pennello, ma anche di chi è un artista serio, troppo serio per essere preso in considerazione in quello che è stato definito il sistema mafioso dell’Arte Contemporanea. Già, non sembra vero, ma è bastato coniare questa terminologia per dare vita alla “Grande Truffa”. Così la definisce un interessante post di un altro blog, che desidero segnalare (http://www3.varesenews.it/blog/labottegadelpittore/?p=10000).
Lì troverete che a protestare sono finalmente tanti autorevoli operatori dell’arte: Rudolf Arnheim, storico dell’arte e psicologo; Jean Clair, storico dell’arte, curatore e membro dell’Académie Française; David Hockney, artista; Richard Sennet, sociologo e scrittore; Julian Spalding, ex direttore dei musei di Glasgow, Manchester e Sheffield; Roy Strong, gallerista, ex direttore del Victoria & Albert Museum e della National Portrait Gallery di Londra.
Ad Artissima, stavolta si è passato il segno. E mi dispiace, perché è un’occasione mancata di farne la fiera più sperimentale d’Europa. Oltretutto, ha il pregio di trovarsi a Torino, una città che amo, capoluogo della mia regione d’origine e che ritengo sia oggi la capitale della cultura in Italia. Dalle Olimpiadi invernali in poi, vive un vero Rinascimento. Forse è anche per questo che stride ancora di più il contrasto tra l’effervescente e innovativa Torino e Artissima con il suo vuoto cosmico di contenuti.
Infatti, bastava farsi un giro nella “Notte bianca” per risollevare lo spirito mortificato. Belle mostre e interessanti progetti. Uno fra tutti viadellafucina A.I.R., programma di residenza per artisti 2012, un progetto di Kaninchen-Haus (http://kaninchenhaus.org/progetti/viadellafucina/) nell’ambito del bando Generazione Creativa della Compagnia di San Paolo da un’idea di Brice Coniglio, con l’obiettivo di far cooperare artisti torinesi con artisti stranieri per la realizzazione di progetti sull’area di Porta Palazzo, coinvolgendo le varie realtà esistenti e i singoli abitanti. Il 9 novembre c’è stata l’inaugurazione della mostra conclusiva del programma di residenza sperimentale, a cura di Brice Coniglio e Nicoletta Daldanise, che ha avuto molto successo; così come il party della serata successiva.
Per avere i risultati migliori, occorre tempo e fatica. Al venditore di denti che si spaccia per artista, voglio solo dire che per fare un’opera d’arte bisogna sudare un po’ di più.
Kaninchen-Haus è un esperimento di integrazione che avvicina il pubblico all’Arte, perché l’Arte deve essere parte della vita delle persone, di tutte.
Spero che la crisi porti qualcosa di buono: che faccia piazza pulita di questo sistema corrotto e di chi ne fa parte, per portare finalmente in primo piano l’Arte con la A maiuscola che nel passato ha reso celebre l’Italia nel mondo.

                                                                                                          A.M. Soldini

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