venerdì 12 ottobre 2012

In tempo di crisi, chi salvare e chi buttare dalla torre?

Si è appena concluso a Milano il Congresso della Società italiana di Psichiatria, da cui sono emersi dati interessanti in merito ai suicidi in Italia per difficoltà finanziarie e problemi di lavoro. Lo studio è stato presentato dallo stesso presidente del congresso, il Dott. Claudio Mencacci che è anche direttore del Dipartimento di Psichiatria dell’Ospedale Fatebenefratelli di Milano.
Secondo i dati presentati, l’aumento dei suicidi si è registrato nel triennio 2008-2010, quando il tasso (tra quelli tentati e quelli riusciti) è aumentato di cinque volte.
Nel 2008, i casi tra i disoccupati sono stati 260. Nel 2009, c’è stata una crescita del 37,3% per un totale di 357 e quelli per ragioni economiche 198; mentre il 2010 si è rilevata una leggera flessione del fenomeno nella misura del 5,5% per 187 casi, in controtendenza rispetto all’acuirsi della crisi finanziaria.
Nei primi nove mesi del 2012, ci sono stati 20 tentativi di suicidi e 68 suicidi riusciti. Tra gli ultimi, a fine settembre, se ne sono verificati due nel veneziano. A Noale (VE), è stato un artigiano di 52 anni a impiccarsi per qualche decina di migliaia di euro di debiti e per crediti che non riusciva a riscuotere. Il giorno prima, a Campagna Lupia, si era sparato un colpo di fucile al petto un impresario edile di 47 anni, dopo aver cercato di far esplodere la casa dove era cresciuto da bambino con i suoi genitori, ultimo bene a perdere da quando la sua ditta era fallita tre anni fa.
Secondo l’analisi effettuata dalla Link Campus University, a detenere il primato per numero di suicidi è proprio il Veneto, parte di quel nord-est produttivo che per oltre trentanni ha costituito l’area industriale più importante in Italia.
È sempre di questi giorni, la pubblicazione dell’indagine Il suicidio in Italia ai tempi della crisi dell’Istituto Eures che identifica nelle categorie dei disoccupati, degli esodati e degli imprenditori, i soggetti a rischio crescente di suicidio nel nostro paese.
Ma la stessa ricerca invita a trattare con cautela i dati, perché il suicidio è una materia complessa ed è difficilmente dovuto a una sola causa. Inoltre, il “suicidio economico” costituisce solo una percentuale bassa tra quelli effettivamente compiuti. Lo fa anche l’Istat, che ricorda l’Italia agli ultimi posti nelle statistiche di mortalità per suicidio t
ra i Paesi Ocse e raccomanda ai mezzi di informazione un trattamento responsabile della diffusione delle notizie, perché il suicidio è un evento che comporta una forte componente di emulazione. E la stima per il 2012 è li vede scendere intorno ai 110 casi.
Ma cosa si può fare per la quarantina di persone che dovrebbero togliersi la vita da oggi a fine anno? Come aiutarli?
Magari iniziando a prestare più attenzione a chi si trova in difficoltà, ora un invisibile della società. Certo, perché l’attenzione dei mass media è tutta per i vari Lusi, Fiorito e Maruccio, a cui la vita già piena di privilegi non bastava e così ingordamente hanno rubato milioni di euro per vivere nel lusso più sfrenato, comprandosi case come giocassero a Monopoli. Proprio loro, chiamati a governare per il benessere del paese, hanno tradito il giuramento fatto e hanno danneggiato gli italiani. Chi non li ha ammirati in tv,  rincorsi come star dai giornalisti e intenti a saltare da una trasmissione all’altra, invitati perché fanno salire lo share. E poi, non fanno un po’ di invidia ai conduttori e a chi è lì presente? Intanto, le star se ne stanno sul trono a testa alta. Ma quale pentimento? Grassi di boria, si mostrano fieri della loro “furbizia” e non esitano a negare l’evidenza, perché lo scherno continua.
E che dire della truffa da 100 milioni di euro ai danni di 400 comuni italiani e dei loro abitanti ad opera della Tributi Italia Spa, azienda con il compito di riscuotere l’Ici? Il capobanda è Giuseppe Saggese, ad della società, a cui il bottino ha dato alla testa, arrivando a prelevare 10.000 euro al giorno. Naturalmente sulla sua lista delle spese compaiono in primis i consueti status symbol: yacht, aerei privati, autovetture di lusso, soggiorni in località prestigiose, feste mondane.
Andranno tutti in galera? E chi c’è già, quanto ci resterà? In Italia, occorre rubare e uccidere tanto, tanto davvero, per restare impuniti o quasi. Chi tra di loro è agli arresti, è certo di uscire a breve per continuare a godersi la vita. No, loro non si suicidano. Purtroppo, resteranno ancora un peso per la nostra società, fatta soprattutto della numerosa base di invisibili che si suicidano e di quelli che soffrono, ma che ancora rifiutano l’idea di porre fine alla loro vita devastata dai problemi. Come Michele Pansera che oggi ha scritto al direttore di una testata giornalistica. Elettricista in cassa integrazione, vive con la moglie e la figlia di quasi 3 anni con 250 euro al mese in 37 mq. Scrive: “Mille curriculum vitae spediti ma mai nessuna risposta, cosa mi rimane da fare, forse andare a rubare visto quello che sta succedendo nelle varie regioni; forse ho sbagliato a nascere, crescere e vivere nell'onestà?”. Vogliamo che passi il messaggio dei parassiti che butteremmo tutti giù dalla torre o vogliamo iniziare a fare qualcosa per salvare i tanti “Michele” sparsi per tutta Italia?
Questo “Michele” dice di non avere intenzione di suicidarsi, soprattutto per non gettare nello sconforto i suoi cari. Lasciamo indifferenti che cambi idea?

lunedì 8 ottobre 2012

La miglior vita secondo Murakami

E una persona senza cuore è semplicemente un'illusione che cammina.

Intraprendere un lungo viaggio nei meandri più oscuri del nostro subconscio per affrontare ciò che ci tormenta. In La fine del mondo e il paese delle meraviglie (Einaudi 2008), Murakami Haruki se lo raffigura come il mondo sotterraneo di una metropoli futurista senz’anima. Le viscere di Tokyo sono un luogo sordido e dedalico dove risiedono gli Invisibili, creature maligne che si nutrono catturando esseri umani sui binari della metropolitana e che costituiscono la trasposizione delle paure e dei dolori che ci portiamo dentro. Il protagonista vi si addentra nel buio più completo. Sale e scende gradini, si arrampica su funi, si incunea tra stretti passaggi, nuota. Un itinerario costellato di trappole pericolosissime, dove la sua vita è a ogni passo appesa a un filo.
E poi c’è il mondo parallelo: una città protetta da alte mura che cambiano forma come se fossero un organismo vivente, permettendo tutto per mantenere la perfezione. All’entrata del cancello c’è il Guardiano che concede al viaggiatore di entrare a un’unica condizione: rinunciare alla propria ombra. L’ombra viene staccata dal suolo con un coltello, destinandola a breve alla morte per essere poi sepolta nel cimitero, posto fuori della cinta muraria nel bosco di meli. La conseguenza per aver lasciato morire la propria ombra è la perdita del cuore. Non si potrà provare più alcun sentimento o emozione a favore della serenità eterna e dell’assenza di dolore.
Al viaggiatore, il Guardiano dà l’incarico di Lettore di sogni. Si tratti di frammenti di vecchi sogni contenuti nei crani degli unicorni, animali fantastici che muoiono per il peso delle numerose identità umane assorbite.
Due mondi e due protagonisti? La trama è ben più complessa.
La fine del mondo e il paese delle meraviglie è un libro che ci riporta alle domande di sempre. Perché soffrire e poi morire? Non sarebbe meglio un mondo perfetto senza problemi che ci permettesse di vivere in eterno? Forse vi sorprenderete nel rispondervi a fine lettura.